Il Gruppo “Garfagnana Vespa Velutina”

La Redazione

Riceviamo e pubblichiamo alcune note introduttive relative al gruppo “Garfagnana Vespa Velutina”. Ma chi sono i ragazzi volontari del gruppo? Avete presente i GhostBusters del famosissimo film di Ivan Reitman del 1984 con Bill Murray, Dan Aykroyd e Harold Ramis (in seguito si aggiunse anche Ernie Hudson) ?

Quei simpatici eroi che sfidavano fantasmi nel centro di New York protetti dalle loro tute, armati di apparecchiature sofisticate e tecnologie all’avanguardia come lo zaino protonico, in grado di catturare l’energia psicocinetica dei fantasmi?

Bene, i fantastici eroi del gruppo “Garfagnana Vespa Velutina” fanno ancora meglio ! Protetti dalle loro tute, grazie alla loro preparazione professionale sono in grado di individuare e neutralizzare i nidi del tanto temuto e pericoloso calabrone asiatico: la Vespa Velutina. Spesso sono coadiuvati dalla protezione civile e dal corpo dei Vigili del Fuoco che collaborano con il gruppo alla neutralizzazione dei nidi di Velutine utilizzando e mettendo a disposizione mezzi muniti di cestello telescopico meccanico, essendo i nidi molto grandi e posizionati anche a 15/20 metri di altezza!

Bravi ragazzi e…..grazie mille per il vostro operato!!

VIVA il Gruppo Garfagnana Vespa Velutina!!

GARFAGNANA VESPA VELUTINA è un gruppo di volontari ed esperti addetti al monitoraggio e neutralizzazione di nidi di Vespa Velutina, formati dal Progetto LIFE STOP VESPA dell’ Università di Torino.
L’ obbiettivo principale che ci siamo prefissati è essere utili con senso civico, esperienza, professionalità, impegno e sacrificio alla collettività per contenere l’ espandersi della Vespa Velutina sul territorio ligure (Savona e provincia).
Ogni anno sono molte le neutralizzazioni di nidi di Vespa Velutina che effettuiamo in tutto il territorio, numerosi sono anche gli incontri pubblici, convegni, manifestazioni (saloni agroalimentari ecc) che organizziamo o a cui partecipiamo per cercare di sensibilizzare gli enti, i comuni, la popolazione, le scuole gli apicoltori, gli agricoltori sul tema Vespa Velutina.
Oltre a questo abbiamo creato un contatto telefonico e una e-mail dove tutte le persone possono rivolgersi per informazioni, segnalazioni e richieste di neutralizzazioni di nidi di Vespa Velutina per aiutare e essere vicini il più possibile alla popolazione.
Ricordiamo l’ importanza di una BUONA PREVENZIONE sul territorio per contenere l’espandersi della Velutina mediante il monitoraggio, la cattura delle regine, l’individuazione e segnalazione dei nidi primari e secondari, per fare questo è INDISPENSABILE la collaborazione di TUTTA la POPOLAZIONE.
Senza la collaborazione di TUTTI, tutto il nostro lavoro viene in gran parte reso vano.
Per eventuali informazioni, segnalazioni richiesta di neutralizzazioni di nidi di Vespa Velutina contattare:

GARFAGNANA VESPA VELUTINA
tel.340/6573908 – 333/4543343
e-mail: garfagnanavelutina@gmail.com
Facebook, Instagram: Garfagnana Vespa Velutina

 

Nutrizione di soccorso per l’alveare (guida completa per apicoltori)

di Giorgio Pagnacco

Introduzione

La nutrizione di soccorso è una pratica fondamentale per gli apicoltori: si somministra zucchero in forma liquida (sciroppo) o solida (candito/panetti proteici) per supportare la colonia quando le scorte scarseggiano, per stimolare la ripresa primaverile o per compensare una carenza proteica. Questo articolo offre una panoramica pratica, con indicazioni su quando intervenire, vantaggi e svantaggi delle diverse forme di nutrizione, ricette casalinghe, modalità di somministrazione e suggerimenti stagionali, adattati sia per la zona costiera sia per l’entroterra/zone montane.


Quando e perché intervenire

Motivi comuni per nutrire le api:

  • Scarso raccolto nettarifero (siccità, meteo sfavorevole).
  • Fine stagione: rinforzare le scorte prima dell’inverno o per colonie deboli.
  • Emergenza invernale: esaurimento delle scorte.
  • Stimolo primaverile: favorire ripresa della covata.
  • Carenza proteica: ripristinare deposizione di covata.
  • Recupero post-raccolto: dopo asportazione di miele o trattamenti.

Regola pratica: nutrire solo se le scorte visibili sono chiaramente ridotte o se le previsioni climatiche suggeriscono periodi di scarsità.
Se possibile, preferire sempre l’uso del miele prodotto dai propri alveari come nutrizione di soccorso: è più completo e sicuro per la colonia. Riguardo al beneficio di nutrire con il miele delle proprie api rimando all’articolo “Nutrizione delle api


Sciroppo vs candito — confronto pratico

Sciroppo (liquido)

Vantaggi:

  • Facile e rapido da preparare.
  • Stimola crescita della covata (ottimo in primavera).
  • Può essere somministrato con vari distributori (superiore, a bottiglia, a telaio).

Svantaggi / rischi:

  • Può fermentare se non concentrato correttamente.
  • Maggior rischio di saccheggio in periodi di scarsità.
  • Difficile da somministrare in pieno inverno (le api hanno difficoltà a gestire liquidi freddi).
  • Richiede igiene e pulizia costante del distributore.
  • Non equivalente al miele dal punto di vista nutrizionale.

Rapporti consigliati:

  • 1:1 (zucchero:acqua) – stimolante, primaverile. per sviluppo.
  • 2:1 (zucchero:acqua) – sciroppo più denso, indicato per accumulo autunnale (meno acqua da evaporare).

Candito / fondant (solido)

Vantaggi:

  • Non fermenta, ideale per inverno.
  • Minor rischio di saccheggio.
  • Le api possono consumarlo anche a basse temperature.
  • Facile da posizionare direttamente sul nido.

Svantaggi:

  • Più laborioso da preparare o più costoso se acquistato.
  • Se troppo umido può ammuffire o fermentare; se troppo asciutto può essere poco appetibile. Richiede utilizzo di acqua da parte delle api per trasformarlo.
  • Alcuni tipi preparati in commercio contengono additivi o scarsa qualità degli ingredienti.
  • Non equivalente al miele dal punto di vista nutrizionale.

Candito proteico

Aggiunge polline o farine proteiche per stimolare covata e sviluppo della colonia.

Vantaggi:

  • Fornisce aminoacidi e stimolo proteico nei periodi di carenza di polline.
  • Utile in fine inverno / inizio primavera quando le fonti naturali scarseggiano.

Limiti:

  • La qualità della proteina è fondamentale.
  • Non sostituisce polline fresco.
  • Eccesso o ingredienti di bassa qualità possono fermentare o ridurre appetibilità.

Conclusione: utile solo se ben bilanciato e somministrato al momento giusto, non è una panacea.


Materie prime

  • Miele dei propri alveari: migliore nutrizione, enzimi e micronutrienti, prima scelta.
  • Candito commerciale: comodo, ma controllare ingredienti (assenza di sciroppi industriali, qualità zucchero).
  • Zucchero a velo puro (senza amido): ideale per autoproduzione candito.

Ricette pratiche

Sciroppo 1:1

  • 1 kg zucchero + 1 L acqua fredda o max 40°
  • Per evitare la formazione di idrossimetilfurfurale (HMF) nello sciroppo, è consigliabile mantenere la temperatura sotto i 40°C
  • Portare a temperatura ambiente prima della somministrazione.

Sciroppo 2:1

  • 2 kg zucchero + 1 L acqua tiepida max 40°.
  • Portare a temperatura ambiente prima di somministrare.
  • Per evitare la formazione di idrossimetilfurfurale (HMF) nello sciroppo, è consigliabile mantenere la temperatura sotto i 40°C

Candito freddo

  • 1 kg zucchero a velo + 80–150 g miele o sciroppo invertito.
  • Impastare fino a ottenere pasta plastica modellabile.
  • Variante proteica: aggiungere 20–40% polline o sostituto proteico.

Somministrazione

Sciroppo

  • Distributori superiori baravalle, a bottiglia, a telaio.
  • Somministrare la sera o con bassa attività esterna.
  • Evitare in pieno inverno con temperature basse.

Candito

  • Posizionare sopra i telai, vicino alla covata.
  • Panetti proteici possono essere posti su griglie o supporti sopra le api.

Nota importante: Durante i periodi d’importazione nettarifera e in previsione di produzione di miele da commercializzare a scopo alimentare, onde evitare che le api portino zuccheri nel melario, sospendere la nutrizione di soccorso almeno due settimane prima del posizionamento dei melari!  La presenza di zuccheri (sciroppi/candito) nel miele costituisce frode alimentare perché altera la composizione del prodotto naturale! L’eventuale nutrizione di soccorso può riprendere solo dopo aver rimosso i melari. Normativa: La legislazione europea vieta l’aggiunta di qualsiasi sostanza estranea al miele, che deve essere puro e non alterato.


Consumo e quantità

  • Piccole quantità ripetute: 0,5–1 L sciroppo o 0,5–2 kg candito a seconda della forza della colonia.
  • Patties proteici 100–300 g, 1–2 volte a settimana nelle fasi critiche.

Autoproduzione candito

Pro: risparmio, controllo qualità, possibilità di bilanciare proteine.
Contro: rischio igienico, fermentazioni, tempo di lavoro.


Buone pratiche

  • Ingredienti certificati e di qualità.
  • Pulizia distributori.
  • Controllo di robbing (saccheggi), muffe o fermentazioni.
  • Monitoraggio costante delle scorte e della covata.

Differenze stagionali: costa vs entroterra/zone montane

Costa (clima mite)

  • Possibile assenza di blocco di covata in inverno.
  • Regina depone continuamente → consumo energetico elevato.
  • Api attive, uscita frequente → scorte maggiori necessarie.
  • Fioriture principali: nocciolo → erica → tarassaco →fruttiferi e rosmarino → acacia → castagno → lavanda → melata → edera → corbezzolo.

Entroterra / zone montane

  • Clima più freddo → blocco di covata in inverno (anche se negli ultimi anni gli inverni si sono ridotti considerevolmente le regine riescono ad andare in blocco di covata), le api formano il glomere e uscendo meno (solo per voli purificatori) consumano meno.
  • Fioriture posticipate almeno 20–30 giorni rispetto alla costa.
  • Fioriture principali: nocciolo → tarassaco → fruttiferi → rosmarino → acacia -a proposito di quest’ultima va detto che negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento climatico con inverni meno rigidi e con gelate primaverili tardive che hanno messo a rischio a volte anche azzerando o limitando molto la fioritura dei fiori di Acacia (Robinia Pseudoacacia) – → castagno → erba medica → lavanda → melata → edera

Conclusioni pratiche

  1. Preferire miele proprio se disponibile.
  2. Sciroppo 1:1 per stimolo primaverile, 2:1 per accumulo autunnale.
  3. Candito stabile in inverno; proteico utile solo nelle condizioni giuste.
  4. Autoproduzione possibile con cura igienica.
  5. Monitoraggio costante di consumo, comportamento, covata.
  6. Sospendere nutrizione prima dell’importazione di miele per non alterare flussi naturali e qualità del prodotto.

Se vuoi fare una domanda al tecnico usa il form qui sotto.

L’alza melari, strumento utile per l’attività in apiario.

di Mauro Puppo

Che cos’è l’alza-melari? E’ uno strumento che ci permette di alzare il o i melari posti sopra l’arnia per
inserire eventuali escludiregina, apiscampo o semplicemente per verificare il nido, con minimo sforzo senza dover spostare manualmente i melari.
In commercio si possono trovare parecchie versioni, ma visto i costi proviamo a costruirne uno.
Materiale occorrente: scatolato di ferro( di riciclo) con misure minime di 20 x 20 o massimo 30 x 30 altrimenti risulta troppo pesante; due avvolgicavo , possono andare bene anche due carrucole opportunamente modificate; un tondino di ferro ( può andare bene anche una barra filettata) di diametro 10 o 12 mm a seconda dello scatolato usato; due cavetti di acciaio tipo freni da bici; una maniglia; una ruota dentata che servirà come fermo per le carrucole.
L’altezza della struttura non deve essere inferiore a 130 cm, la larghezza di 55 cm, per la base ( dovendo appoggiare sui sostegni delle arnie) la misura ottimale è di 65 cm; quattro barrette di ferro ( la misura deve permettere di incastrarsi nelle scanalature per le mani dei melari e nel contempo toglierle agevolmente) opportunamente sagomate oppure quattro semi cerniere, queste dovranno essere fissate a due pezzi di scatolato con misura superiore a quelli verticali in modo da poter scorrere e permettere il sollevamento.
I cavetti di acciaio saranno fissati sulle carrucole e su queste “ cerniere”.
Se siamo buoni saldatori non c’è problema altrimenti dobbiamo chiedere aiuto ad un amico in grado di
saldare i pezzi oppure ad un fabbro.
Assembliamo il tutto come evidenziato nelle foto, naturalmente se vogliamo rendere la struttura smontabile i laterali dovranno avere una misura inferiore alla base in modo da potersi incastrare agevolmente.
Buon lavoro a tutti!

per info contattare direttamente l’autore: mauro@apilandia.it

Nutrizione delle Api 

di Mauro Puppo 

Molti apicoltori pensano che avere arnie piene di scorte significhi salute per le api. Ma non sempre  è così! La quantità non equivale alla qualità. Una nutrizione inadeguata o di scarsa qualità può compromettere l’intera colonia. 

Le api da miele stanno affrontando sfide sempre più complesse: stress nutrizionale, patogeni, parassiti ed esposizione a pesticidi e agrofarmaci, ma tra tutti questi fattori, la nutrizione rappresenta la base fondamentale su cui si regge la salute dell’intera colonia. 

Cosa Succede Quando le Api Sono Malnutrite? 

Lo stress nutrizionale è causato principalmente dall’aumento delle monoculture che hanno ridotto drasticamente  il pascolo per le api, non solo di nettare ma principalmente la disponibilità di polline diversificato i cui effetti sono: 

A livello individuale: La qualità del polline influenza direttamente la longevità delle api. 

A livello di colonia: L’ingestione di polline di qualità da parte delle api giovani determina lo sviluppo delle ghiandole ipofaringee, fondamentali per la produzione della pappa reale. 

Una cattiva nutrizione non si limita a privare le api del cibo, ma innesca una serie di conseguenze: 

Compromissione del Sistema Immunitario 

Il polline fornisce gli aminoacidi essenziali necessari per la costituzione delle proteine. Senza una nutrizione adeguata: 

  • Diminuzione della produzione di enzimi antiossidanti  
  • Indebolimento delle barriere difensive contro patogeni e parassiti 

Lo stress nutrizionale provoca uno squilibrio del microbiota intestinale e quindi  del sistema immunitario. Quando il microbiota è compromesso, le api perdono la capacità di rispondere efficacemente a vari fattori di stress. 

Maggiore Vulnerabilità ai Patogeni 

Studi recenti dimostrano che le api alimentate con polline carente di nutrienti essenziali (come acidi grassi omega-3 e aminoacidi specifici) mostrano maggiore vulnerabilità ai patogeni: 

  • Aumento significativo della moltiplicazione di Nosema ceranae 
  • Riduzione dell’espressione della vitellogenina (proteina di riserva cruciale per la formazione del  corpo grasso) 
  • Maggiore suscettibilità ai virus (DWV, SBV, BQCV ecc.) 

Amplificazione dell’Effetto Varroa 

La varroa, nutrendosi di corpi grassi ed emolinfa, causa malnutrizione. Questo porta a: 

  • Livelli proteici più bassi in api adulte e pupe parassitate 
  • Riduzione del metabolismo proteico 
  • Inibizione dei geni legati all’immunità 
  • Aumento del tasso di replicazione virale 

Generalmente,  la qualità del polline è stata associata solo al contenuto proteico e agli aminoacidi. Ma ricerche recenti evidenziano l’importanza cruciale di altri nutrienti come accennato prima gli Omega 3 e Omega 6: 

Acido linoleico (omega-6) e acido linolenico (omega-3) rappresentano in media il 43% degli acidi grassi totali nel polline. La loro carenza porta a: 

  • Ridotto sviluppo delle ghiandole ipofaringee 
  • Diminuzione della capacità di apprendimento 
  • Compromissione delle funzioni cognitive essenziali per la sopravvivenza della colonia 

Gli studi scientifici  degli ultimi decenni hanno dimostrato in modo inequivocabile che una buona nutrizione è la base per la salute delle api. Non si tratta solo di riempire le arnie di scorte, ma di fornire nutrienti di qualità che portino a: 

  • Lo sviluppo ottimale delle api 
  • Il funzionamento del sistema immunitario 
  • La resistenza a malattie e parassiti 

Prevenire è sempre meglio che curare. Una nutrizione di qualità garantisce colonie più forti e produttive. 

Lavori a gennaio 

di Mauro Puppo

Il mese di gennaio è il pieno dell’inverno, con temperature rigide ( o perlomeno così dovrebbe) e giornate brevi . Anche se, in questo periodo, l’attività dell’apicoltore è notevolmente ridotta, ci sono alcuni lavori di manutenzione e controllo che possono garantire la salute della colonia per la primavera successiva. In questo mese le api riducono al minimo la loro attività, rimanendo all’interno dell’alveare per mantenere il calore, ma il loro benessere e la loro sopravvivenza dipendono in gran parte dalla preparazione effettuata dall’apicoltore nei mesi precedenti. 

1. Controllare le riserve di cibo
Le api, durante l’inverno, si nutrono delle riserve di miele e polline accumulate nei mesi precedenti, perciò bisogna verificare che abbiano ancora sufficienti scorte di cibo. Il gruppo compatto che formano le api in inverno “glomere” si sposta lentamente all’interno dell’alveare per trovare il miele. È di fondamentale importanza che queste scorte non si esauriscano prima della primavera.
Basta sollevare leggermente l’alveare dalla parte posteriore per verificare se il peso è ancora sufficiente o se sta diminuendo pericolosamente segno che le riserve di cibo si stanno riducendo velocemente.
In questo caso è necessario intervenire fornendo loro del candito. 

2. Controllare gli alveari dall’esterno
Con le temperature rigide è sconsigliato aprire l’alveare troppo spesso o per periodi prolungati, poiché il freddo, penetrando nell’alveare, obbliga le api ad un lavoro supplementare per mantenere il calore, quindi è essenziale fare controlli periodici dall’esterno per verificare che le coperture siano al loro posto e non ci siano fessure o spifferi che possano far entrare freddo o umidità, che gli alveari siano ben riparati dal vento e dall’acqua, che i pesi sui coperchi risultino al loro posto.

3. Ridurre l’umidità all’interno dell’alveare

L’eventuale  neve ed il freddo sono ben tollerati dalle api, ma l’umidità è uno dei nemici principali. L’eccessiva condensa e umidità all’interno dell’alveare possono provocare malattie ed indebolire la colonia.
Verificare che l’aria possa circolare correttamente nell’alveare senza creare correnti fredde, i fondi a rete sono un ottimo supporto. 

4. Controllare eventuali intrusioni di parassiti o predatori
Nei mesi invernali, topolini ed altri piccoli animali possono cercare rifugio e cibo negli alveari, è essenziale verificare che non ci siano segni di intrusioni. Se non già fatto precedentemente posizioniamo le porticine metalliche (dalla parte con meno buchi) all’ingresso dell’alveare. Questi dispositivi impediscono agli intrusi di entrare nell’alveare ma lasciano passare facilmente le api.
5. Preparazione per la primavera
Se gennaio è un mese tranquillo per le api,  per l’apicoltore è fondamentale approfittare di questo periodo di relativa calma per pianificare la prossima stagione produttiva  per ottenere una produzione ottimale di miele e garantire la salute delle colonie.
Valutare quali colonie potrebbero aver bisogno di nuove regine, riparare o sostituire eventuali parti danneggiate delle arnie,  pulire gli strumenti utilizzati, riordinare il laboratorio, fondere la cera degli opercoli e preparare i fogli cerei, procurarsi nuovo materiale, come favi, melari o attrezzature,  se necessari. 
6. Osservare l’attività di volo nei giorni miti
Durante le giornate più miti di gennaio, quando la temperatura supera i 10-12°C, è possibile che le api effettuino dei voli di purificazione. In questi momenti, possiamo fare alcune osservazioni sull’attività della colonia.
Se notiamo una discreta attività di volo, è segno che la colonia è attiva e sana. Se invece non vediamo movimento durante le giornate più calde, potrebbe essere il segnale di qualche problema, in questo caso è necessario controllare più approfonditamente l’alveare.

Conclusioni
Le attività svolte dal’apicoltore in questo periodo sono fondamentali per la sopravvivenza e il benessere delle colonie. Tutti i controlli menzionati precedentemente possono fare la differenza tra un alveare forte in primavera e una colonia debole o addirittura morta. Prendersi cura degli alveari è la chiave per garantire, con l’arrivo della bella stagione, una ripresa vigorosa delle nostre amate api .

Dicembre: Lavori in magazzino

di Mauro Puppo

Probabilmente avrete già sentito parlare (e anche visto) dei “coprifavi trasparenti”.

Ma da cosa è nata questa idea e di cosa si tratta?

Semplice, perché non usare qualcosa di trasparente che permetta di guardare all’interno dell’alveare senza doverlo aprire, specialmente in giornate dove è sconsigliato farlo, soprattutto in inverno?

Ecco l’idea, il coprifavo trasparente! Oggi è usato da molti apicoltori e lo troviamo anche in vendita presso negozi di attrezzature apistiche.

Già da parecchi anni nei miei apiari ho adottato questo metodo, ma in cosa consiste? E’ un comune coprifavo per arnie da 10 o 12 telaini in cui viene sostituito il piano di compensato in dotazione con una lastra di vetro sintetico di 4mm di spessore, avvitata sulla cornice esistente. La stessa è provvista di un foro centrale dove è posizionata la girandola a tre posizioni per l’uso del nutritore.

Difetti: a mio parere pochissimi e facilmente risolvibili: 

1. L’eventuale condensa che si potrebbe formare è minima e il cassetto antivarroa , sul fondo dell’arnia, può aiutare a far circolare meglio l’aria; d’altronde usiamo frequentemente i porta sciami di polistirolo, quindi….;

2. Naturalmente sono un po’ più fragili di quelli di legno, ma con un’attenzione in più si ovvia all’inconveniente;

3. Col passare degli anni possono opacizzarsi poiché, come quelli in legno, sono soggetti a costruzioni di cera e propoli, ma facilmente pulibili con un semplice raschietto.

Pregi: 

1. E’ più leggero di quello in legno;

2. Possiamo controllare in ogni momento l’alveare senza doverlo aprire; specialmente in inverno ci aiuta a verificare dove è posizionato il glomere e se le famiglie sono vitali.

Come realizzarlo

Se  vogliamo costruircelo occorre: un listello di legno di lunghezza pari al perimetro dell’arnia per ricavare i 4 lati della cornice, alto circa 7 cm (deve avere un’altezza leggermente superiore ad un nutritore) e con spessore di circa 2 o 3 cm; un foglio di vetro sintetico di 4mm di spessore (in commercio si trovano diverse misure es. 50×50, 100×50, 100×100 presso ferramenta, Brico center, ecc), da tagliare, con seghetto alternativo, della misura necessaria; delle viti sottili da 1,5cm di lunghezza (per fissare il pannello alla cornice di legno);  sega a tazza da applicare al trapano  per praticare il foro centrale; girandola a 3 posizioni da applicare sul foro con una vite da 4/5 mm di lunghezza (consiglio di forare con il trapano la lastra di vetro dove posizioneremo le 3 viti per il lato  più corto e le 4 viti per il lato lungo, facendo una piccola svasatura in modo che la testa della vite rimanga a livello della lastra e non crei spessore.

Se vogliamo modificare un coprifavo già esistente con la base in compensato basta svitarla dalla cornice e sostituirla col vetro sintetico.

coprifavo trasparente.jpg
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il gioco è fatto. Buon lavoro 

Lavori di Settembre

di Mauro Puppo


Siamo giunti al mese di settembre e, chi ha ancora i melari sulle famiglie, è opportuno che li tolga e proceda alla smielatura dell’eventuale miele immagazzinato, anche se le elevate temperature di luglio e agosto non hanno certo favorito il raccolto. Fatto ciò i melari vuoti verranno ridati alle api per la pulizia e lasciati sulle arnie per due/ tre giorni, quindi rimossi definitivamente e collocati in magazzino, facendo attenzione che non vi siano residui di polline in quanto quest’ultimo favorirebbe lo sviluppo della tarma della cera. Nel nido la covata va gradualmente riducendosi lasciando spazio per l’immagazzinamento del
miele per le scorte invernali, a tal proposito si ricorda che, per un buon invernamento, la famiglia ha bisogno di un quantitativo di miele pari a 10/12 kg. Se queste scorte non sono sufficienti bisogna sopperire con alimentazione artificiale, candito o sciroppo piuttosto denso (2/1), mentre è sconsigliata l’alimentazione con miele in quanto potrebbe favorire il saccheggio. Per quanto riguarda le scorte di polline sono generalmente sufficienti 1kg , massimo 2 a famiglia perché nel periodo invernale le esigenze sono minime. In questo periodo le api sono particolarmente inclini al saccheggio, per cui è consigliabile, se non
già fatto, inserire le porticine, affinché gli alveari possano difendersi meglio da eventuali attacchi.
Importante è verificare lo stato di salute delle famiglie, la quantità di covata, sintomi di malattie e l’efficacia dei trattamenti tampone estivi contro la varroa. E’ ancora possibile, in caso di orfanità, introdurre una regina feconda, ma se la famiglia risulta debole e piccola è indispensabile riunirla con un’altra, magari debole, per formare un alveare più forte in grado di superare l’inverno. Tutto ciò è consigliabile anche quando si è in presenza di nuclei formati da 3/4 telaini che difficilmente supereranno l’inverno; in questo caso è necessario eliminare una regina (quella che consideriamo più debole), in alternativa, se non ce la
sentiamo di sopprimerla, lasciamo questo compito alle api che valuteranno le due regine in modo più efficace di noi e non è escluso che le stesse possano anche convivere per parecchio tempo.

I lavori del mese di Giugno

di Mauro Puppo

Nello scorso mese di maggio si è registrato un andamento termico particolarmente sfavorevole:
inizialmente con temperature nella norma del periodo, successivamente si è passati ad una stagione
notevolmente fredda, avvisaglie già iniziate nella seconda metà del mese precedente, con valori tipici di
fine inverno.

Le alte temperature iniziali di aprile hanno anticipato le fioriture esponendole maggiormente alla stagione
fredda subentrata con forti piogge, grandine e, in alcuni casi, neve, impedendo alle api di bottinare; questa
situazione, protrattasi a tutto il mese di maggio, ha compromesso i raccolti dei millefiori primaverili pre-acacia, dei monoflora come il tarassaco, il ciliegio e l’acacia stessa, anche se in modo non uniforme
(solamente in piccole zone circoscritte si è potuto riscontrare un raccolto pari a 7/8 kg ad alveare).
Se siamo tra quei fortunati che hanno raccolto qualche chilogrammo di acacia dobbiamo prepararci a levare
i melari per evitare che eventuali fioriture successive ( speriamo ce ne siano!) vadano a “sporcarlo”
rendendolo più scuro e non più classificato come monoflora di acacia.
Naturalmente bisogna assicurarsi che l’umidità del miele sia al di sotto del 18% e generalmente i favi
opercolati hanno l’umidità giusta. Per far questo si preleva una goccia di miele opercolato e poi, se
presente, una goccia di non opercolato ( generalmente ai lati esterni dei favi) e si misurano separatamente
con un apposito rifrattometro.
Tutte le operazioni in laboratorio devono avvenire in un ambiente secco, cioè l’umidità ambientale deve
essere al di sotto del 50%, poiché al di sopra di questo valore il miele inizierebbe ad assorbire acqua
dall’ambiente circostante. E’ utile dotarsi di un deumidificatore ambientale.
E’ normale, in questo periodo, trovare nei nidi una riduzione della covata dovuta all’intasamento di miele
nei favi . E’ opportuna una visita a tutte le famiglie per verificare che:

non ci siano orfanità, in questo caso è necessario riunire o inserire una regina nuova,

che la covata sia bella e compatta con opercoli integri, se avevamo ristretto la famiglia possiamo
aggiungere dei favi sia costruiti sia fogli cerei (sempre che ci siano le condizioni di una prossima abbondane
fioritura esempio castagno e tiglio).
Non dimentichiamoci di controllare l’infestazione di varroa, la caduta naturale nei cassetti se sono ancora
presenti, oppure col metodo dello zucchero a velo o VEC.
Nel mese di giugno possiamo ancora procedere con la formazione di nuclei sia per aumentare la
consistenza del nostro apiario e sia, speriamo di no, per sopperire ad eventuali morie invernali.
Controllato l’apiario possiamo concentrarci sulle prossime fioriture sperando siano ottime come qualità e
quantità.

Maggio in apiario

di Mauro Puppo

Maggio è il mese della fioritura della robinia pseudo acacia, comunemente conosciuta come acacia. La produzione di questo miele, in questi ultimi anni, è stata piuttosto scarsa, principalmente a causa dei cambiamenti climatici. Preparare le famiglie nel modo corretto per iniziare bene il raccolto è indispensabile. Per questo, già dal mese precedente, avremo monitorato lo stato di salute degli alveari, il controllo delle scorte,  della covata e la forza di ogni singola famiglia.

Controllo della sciamatura

Il controllo della sciamatura è una delle attività più impegnative dell’apicoltore. È molto importante tenere sempre sotto controllo le proprie famiglie, eliminare eventuali celle reali o adottare quegli accorgimenti necessari a evitare la sciamatura naturale, quali l’allargamento del nido con l’aggiunta di fogli cerei da costruire, il bilanciamento delle famiglie, la formazione di nuclei artificiali a partire da famiglie numerose, l’apposizione anticipata dei melari.

Recupero di sciami

E’ possibile che, nonostante tutti i nostri sforzi, questi accorgimenti non siano sufficienti. Accorgersi repentinamente del verificarsi di una sciamatura è essenziale per poter recuperare lo sciame. Una volta uscite, le api si raccolgono temporaneamente (poche ore o un paio di giorni) su un ramo, un supporto o in una cavità nei pressi dell’apiario. Recuperare lo sciame è un’operazione che richiede un po’ di pratica e può essere più o meno difficoltosa. Se le api si sono raccolte su un ramo, tagliare il ramo e scrollarle all’interno di un’arnia porta sciami potrebbe essere sufficiente e abbastanza semplice. Se invece, si fossero insediate in cavità, tronchi d’albero o in  posti poco accessibili, il recupero diventa più problematico e difficoltoso. 

Posa dei melari

Quando le famiglie sono ben sviluppate e pronte per il raccolto, è importantissimo porre i melari per dar loro più spazio. Se si aggiunge il melario troppo presto, c’è il rischio che eventuali ritorni di freddo obblighino la famiglia ad un lavoro suppletivo per scaldare il volume che si è creato, e se i favi sono in prevalenza fogli cerei nuovi, c’è la possibilità che le api rosicchino la cera dei favi, andando così a rovinarli. Se, invece, si vuole stimolarle alla produzione, inserire favi già costruiti è la scelta migliore. In questo modo, infatti, non sfrutteranno le proprie risorse per la costruzione dei favi stessi. Stimolare la produzione di cera potrebbe essere, d’altronde, un modo per controllare il pericolo di sciamatura. Da tenere presente che, nonostante l’aggiunta del melario per dare spazio, la  famiglia potrebbe ignorarlo e sciamare comunque.

L’escludiregina

Quando decidiamo di posare i melari, per evitare che la regina lasci il nido e salga al melario dobbiamo usare l’escludiregina, ovvero una griglia di metallo o plastica che permette il passaggio delle operaie, ma non quello della regina, che rimane così confinata nel nido . L’escludiregina va posto sopra al nido, su cui poi si poserà il o i  melari, il coprifavo e il tetto. Questa operazione è necessaria per evitare che il melario, destinato alla produzione di miele, se la regina salisse, possa essere riempito di covata. Questo renderebbe difficoltosa l’estrazione del miele e una sua svalutazione degustativa e visiva, risulterebbe, di conseguenza, più scuro e dal sapore più intenso, classicamente detto “da favo”.

COVATA CALCIFICATA

di Mauro Puppo

Durante i controlli degli alveari possiamo notare sul predellino di volo alcune palline bianche, allungate che
assomigliano a chicchi di riso, non sono palline ma larve morte, siamo in presenza di covata calcificata o ascosphaeriosi dal nome del patogeno, ascosphaera apis, un fungo responsabile di questa micosi che colpisce la covata.
Le spore si insediano e si sviluppano nello stomaco della larva e da questo si diffondono in tutto il corpo.
La morte della larva avviene prima dell’opercolatura o subito dopo, in questo caso le api opercolano le cellette e solo dopo rimuovono la larva morta che inizialmente è di colore bianco e successivamente tende al verde-nero, dura come un gessetto.
Le spore riescono a sopravvivere per lungo tempo anche per diversi anni. Il patogeno si propaga nell’alveare principalmente tramite il lavoro di rimozione delle larve morte da parte delle api che così facendo trasportano involontariamente le spore. Altra fonte di contagio tra alveare e alveare è il saccheggio o l’alimentazione con miele o polline infetto, lo stesso apicoltore può essere fonte di contagio adoperando materiale contaminato ( favi, attrezzi, guanti).
La presenza della malattia è influenzata dalle tecniche apistiche adottate, per esempio l’ubicazione degli alveari in zone poco soleggiate ,umide e con ristagni d’acqua , sbalzi termici, squilibrio tra api nutrici e covata, alimentazioni non corrette, presenza di regine vecchie.
Lo squilibrio tra nutrici e covata, per esempio, lo possiamo constatare all’inizio della primavera dove a causa di abbondante alimentazione liquida si invoglia la regina ad una massiccia deposizione quando c’è il cambio generazionale, quindi un calo di api con conseguente scarsa copertura dei favi e raffreddamento della covata. Anche la scarsa abitudine di stringere le famiglie sui favi effettivamente occupati può portare
al raffreddamento della covata, ricordiamoci che le larve hanno uno sviluppo ottimale quando la temperatura interna dell’alveare si aggira sui 33/35 gradi. Altro stress che possono subire le larve è quando nell’alimentazione non c’è apporto proteico e vitaminico ad inizio stagione o nei mesi più caldi e siccitosi, l’apicoltore deve accertarsi della presenza di polline immagazzinato nei favi e la sua quantità e, se insufficiente, intervenire di conseguenza con alimenti proteici.
Nel caso di forte infestazione ( più del 10% delle celle infette) anche la sostituzione della regina può essere d’aiuto in quanto la sua discendenza potrebbe essere più suscettibile all’infezione.
Nella presenza di covata calcificata la famiglia non riesce a svilupparsi in modo ottimale con conseguente scarso raccolto, è suscettibile ad altre patologie e subisce uno spopolamento che la regina non riesce a rimpiazzare con la nuova covata, tutto questo ormai ci ha portato nei mesi estivi dove il picco di infestazione di varroa può dare il colpo di grazie alla famiglia.
Per combattere la covata calcificata non esiste un prodotto specifico, in commercio ci sono degli integratori alimentari che limitano il propagarsi delle malattie fungine, anche il timolo può essere interessante per migliorare le condizioni igieniche dell’alveare, tenendo anche presente che il principio attivo è usato nei prodotti contro la varroa.
E’ ovvio che tutto il materiale ,arnie comprese, che va a contatto con la covata calcifica va accuratamente disinfettato, in questo caso in commercio si possono trovare dei prodotti adatti allo scopo.