La vespa velutina (o calabrone asiatico)

di Mauro Puppo

La vespa velutina detta anche “calabrone asiatico” è una specie aliena invasiva di origine asiatica.
Giunta in Francia nel 2004 si è rapidamente diffusa fino a raggiungere Belgio, Spagna, Portogallo, Germania e nel 2012 l’Italia. Nel nostro paese è ormai diffusa in tutta la Liguria da ponente a levante, è stata individuata in Piemonte nella provincie di Cuneo, Torino e Alessandria, in Lombardia , Emilia Romagna ,Veneto e Toscana.
Considerata la pericolosità della specie è assolutamente necessario cercare di individuare e distruggere i nidi. Limitare la diffusione di questo insetto può voler significare la salvezza di molti apiari sul suolo nazionale.
Quali sono le differenze morfologiche fra Velutina e Vespa Crabro?

Vespa Crabro
TORACE: bruno rossiccio con parte inferiore più chiara.
ADDOME: con solo i primi due tergiti scuri, mentre i restanti sono di colore giallo con macchie scure
ZAMPE: interamente di colore scuro
PARTE FRONTALE DEL CAPO: colore giallo
ANTENNE: di colore bruno rossiccio.

Vespa velutina nigrithorax
TORACE: colore bruno molto scuro
ZAMPE: brune ma con parte terminale gialla
PARTE FRONTALE DEL CAPO: colore aranciato.
PRIMI TRE TERGITI ADDOMINALI: colore bruno molto scuro
QUARTO TERGITE: è quasi interamente di colore arancione
ANTENNE: di colore bruno scuro.

I Nidi, in cartapesta, vengono costruiti preferibilmente in zone umide con presenza di acqua (torrenti, laghi, cisterne) e di sostanze legnose in marcescenza.
Di solito si trovano tra le fronde degli alberi e a considerevoli altezze (10 metri) e ben nascosti dal fogliame, raramente tra le intercapedini, le cavità degli alberi o in terra.
Sono stati individuati anche a ridosso di abitazioni, sottotetti, fienili, stalle.
Le dimensioni del nido possono essere ragguardevoli, a seconda degli strati di covata sovrapposti; generalmente il nido è di forma sferica, piriforme quando diventa più grande.
In alcuni casi il diametro può superare il metro.
Può riuscire a contenere fino a 15000 – 20000 individui. Massima espansione in agosto -settembre-ottobre
inattivi d’inverno.

Come per la Vespa comune, la colonia non riesce a svernare, solo le regine feconde affrontano l’inverno (vengono fecondate fine estate ed inizio autunno). I maschi vengono allevati nel periodo precedente.
Le giovani regine fecondate superano l’inverno in tronchi, muri ,gallerie del terreno, per poi iniziare a febbraio la costruzione dei nidi. In primavera, la competizione delle regine per i siti di nidificazione ha come conseguenza una notevole mortalità di individui. Da ogni nido possono uscire fino a 200 regine.
La Vespa Velutina mostra aggressività vicino al suo nido, soprattutto in presenza di significativi movimenti umani o rumori forti. Il territorio di caccia si estende prevalentemente a circa 400/500 mt dal nido, non si esclude però che possa raggiungere anche 1km o più..

La dieta del Calabrone asiatico è costituita prevalentemente da api preferendo le bottinatrici di ritorno all’alveare. Nelle aree in cui la vespa è presente è facile vederla in volo statico, a zampe aperte, con le spalle rivolte all’arnia in attesa del ritorno della preda. Nelle zone infestate da più anni si contano oltre 10 individui ad alveare che, in presenza di famiglie deboli, non disdegnano di entrare nel nido per catturare le api.
Come le crabro catturano l’ape, la smembrano vicino all’alveare e portano al nido solo le parti più proteiche
(torace e addome).
Nelle zone più infestate le api cessano il volo e, di conseguenza, la mancanza di importazione di nettare e
polline porta ad un arresto della covata fino a causare la morte della famiglia o grosse difficoltà di svernamento.
In Liguria è stato osservato che 3/5 velutine davanti ad una famiglia in piena attività possono arrivare a catturare un’ape ogni 10 secondi (6 api al minuto).
L’ alimentazione è zuccherina in primavera { Il fabbisogno energetico è soddisfatto soprattutto dalla frutta } e proteica in estate – autunno (api e altri insetti).

Strategia di difesa da parte delle api:
Apis Cerana in Asia ha sviluppato una strategia di difesa molto efficace: forma una palla di api intorno all’aggressore. Muovendo le ali, tutte le api provocano l’aumento della temperatura a 45° provocando l’ipertermia del calabrone che così muore.
Apis Mellifera non riesce a sviluppare abbastanza calore per provocare la morte della vespa, nonostante ciò forma raggruppamenti di api {anche un centinaio} sul predellino che tentano l’avvolgimento del predatore ma, invece di sfruttare la soglia termica letale per la vespa ( in questo caso inefficace) le api impediscono il rilassamento dell’addome provocandone l’asfissia. Purtroppo però, quasi sempre, il
calabrone riesce a liberarsi.
Ciò costringe numerosi individui al ruolo di guardiani, distraendoli dalle altre attività, con mancato apporto
di polline e nettare per la sopravvivenza della colonia.

Come difendere l’apiario?
Con trappole selettive rivolte alle fondatrici da applicare nelle vicinanze dell’apiario e da tenere tutto l’anno. Distruzioni dei nidi prima del mese di agosto/settembre cioè prima che da questi possano partire nuove fondatrici. I calabroni attratti dall’odore del liquido attrattivo (birra da cambiare ogni 10/15 giorni e verificarne il contenuto) entreranno nella bottiglia passando per il collo (porzione più stretta) ma non riusciranno più ad uscirne.
In conclusione per salvare i nostri apiari dobbiamo imparare a convivere con questo predatore cercando di
limitarne i danni con azioni di monitoraggio, trappolaggio, eliminazione (quando possibile ) dei nidi,
solamente così l’apicoltura potrà avere un futuro.

COVATA CALCIFICATA

di Mauro Puppo

Durante i controlli degli alveari possiamo notare sul predellino di volo alcune palline bianche, allungate che
assomigliano a chicchi di riso, non sono palline ma larve morte, siamo in presenza di covata calcificata o ascosphaeriosi dal nome del patogeno, ascosphaera apis, un fungo responsabile di questa micosi che colpisce la covata.
Le spore si insediano e si sviluppano nello stomaco della larva e da questo si diffondono in tutto il corpo.
La morte della larva avviene prima dell’opercolatura o subito dopo, in questo caso le api opercolano le cellette e solo dopo rimuovono la larva morta che inizialmente è di colore bianco e successivamente tende al verde-nero, dura come un gessetto.
Le spore riescono a sopravvivere per lungo tempo anche per diversi anni. Il patogeno si propaga nell’alveare principalmente tramite il lavoro di rimozione delle larve morte da parte delle api che così facendo trasportano involontariamente le spore. Altra fonte di contagio tra alveare e alveare è il saccheggio o l’alimentazione con miele o polline infetto, lo stesso apicoltore può essere fonte di contagio adoperando materiale contaminato ( favi, attrezzi, guanti).
La presenza della malattia è influenzata dalle tecniche apistiche adottate, per esempio l’ubicazione degli alveari in zone poco soleggiate ,umide e con ristagni d’acqua , sbalzi termici, squilibrio tra api nutrici e covata, alimentazioni non corrette, presenza di regine vecchie.
Lo squilibrio tra nutrici e covata, per esempio, lo possiamo constatare all’inizio della primavera dove a causa di abbondante alimentazione liquida si invoglia la regina ad una massiccia deposizione quando c’è il cambio generazionale, quindi un calo di api con conseguente scarsa copertura dei favi e raffreddamento della covata. Anche la scarsa abitudine di stringere le famiglie sui favi effettivamente occupati può portare
al raffreddamento della covata, ricordiamoci che le larve hanno uno sviluppo ottimale quando la temperatura interna dell’alveare si aggira sui 33/35 gradi. Altro stress che possono subire le larve è quando nell’alimentazione non c’è apporto proteico e vitaminico ad inizio stagione o nei mesi più caldi e siccitosi, l’apicoltore deve accertarsi della presenza di polline immagazzinato nei favi e la sua quantità e, se insufficiente, intervenire di conseguenza con alimenti proteici.
Nel caso di forte infestazione ( più del 10% delle celle infette) anche la sostituzione della regina può essere d’aiuto in quanto la sua discendenza potrebbe essere più suscettibile all’infezione.
Nella presenza di covata calcificata la famiglia non riesce a svilupparsi in modo ottimale con conseguente scarso raccolto, è suscettibile ad altre patologie e subisce uno spopolamento che la regina non riesce a rimpiazzare con la nuova covata, tutto questo ormai ci ha portato nei mesi estivi dove il picco di infestazione di varroa può dare il colpo di grazie alla famiglia.
Per combattere la covata calcificata non esiste un prodotto specifico, in commercio ci sono degli integratori alimentari che limitano il propagarsi delle malattie fungine, anche il timolo può essere interessante per migliorare le condizioni igieniche dell’alveare, tenendo anche presente che il principio attivo è usato nei prodotti contro la varroa.
E’ ovvio che tutto il materiale ,arnie comprese, che va a contatto con la covata calcifica va accuratamente disinfettato, in questo caso in commercio si possono trovare dei prodotti adatti allo scopo.

ANAGRAFE APISTICA: I NUOVI CARTELLI

È entrato in vigore il Decreto Legislativo del 07 Marzo 2023 riguardante il sistema di
Identificazione e Registrazione degli animali allevati nel rispetto del Regolamento UE 2016/429.
La differenza con i cartelli precedenti consiste nell’aggiunta della numerazione progressiva degli
apiari aperti, anche per quelli censiti ma senza alveari. Per questo motivo la Normativa prevede che
i cartelli vadano apposti anche negli apiari momentaneamente vuoti, cioè senza alveari.
Altra modifica consiste nella diversa denominazione della BDA in “SISTEMA I&R Identificazione
e Registrazione degli operatori,degli stabilimenti e degli animali.

Il sito ufficiale dell’Anagrafe Apistica Nazionale ha iniziato a generare i nuovi cartelli.  
C’e tempo fino alla fine dell’anno per completare gli adempimenti necessari alla messa a regime
del Sistema I&R. Il nuovo termine è stato introdotto dal decreto Milleproroghe, la cui conversione
in legge è pubblicata in Gazzetta Ufficiale.
Praticamente vengono prorogati i termini inizialmente fissati dal manuale operativo, adottato
con decreto del Ministro della salute 7 marzo 2023, in materia di gestione e funzionamento del
sistema di identificazione e registrazione degli operatori, degli stabilimenti e degli animali (sistema
I&R). La scadenza iniziale, per il completamento degli adempimenti, era stata fissata a 180 giorni
dall’entrata in vigore del Manuale operativo.
 
Il manuale stabilisce anche come devono essere i nuovi cartelli per l’identificazione degli apiari e
cioè:
di materiale resistente agli agenti atmosferici e non deteriorabile nel tempo;

 di dimensioni minime equivalenti al formato A4;
 di colore bianco riportante in caratteri di colore nero indelebile e di altezza di almeno quattro
centimetri “SISTEMA I&R NAZIONALE – DECRETO LEGISLATIVO 5 AGOSTO 2022, n.134”, oltre che il codice aziendale ed il numero progressivo dell’apiario. 
 Si ricorda che eventuali cartelli “fai da te”, anche se riportanti tutte le diciture, non sono ammessi e
si può incorrere in sanzioni. 
 

Procedure Operative per la registrazione dei medicinali
veterinari somministrati alle api
Si ricorda a tutti gli apicoltori che con provvedimento del Direttore Generale DGSAF (Direzione
Generale Sanità Animale e del Farmaco Veterinario) del Ministero della Salute è stato predisposto il
Regolamento per la gestione delle registrazioni del medicinale veterinario in apicoltura in
applicazione del regolamento (UE) 2019/6. Nel regolamento si conferma l’esclusione dall’obbligo
di registrazione del farmaco veterinario in formato elettronico da parte degli apicoltori, che
dovranno continuare ad operare con registrazioni cartacee su modelli vidimati dai servizi
veterinari locali. L’obbligo si riferisce anche ai medicinali veterinari non soggetti a prescrizione
veterinaria. Gli apicoltori in autoconsumo, cioè amatoriali NON hanno l’obbligo di registrazione
su modelli vidimati dai servizi veterinari locali. Nel documento si precisa anche per la
dichiarazione di allevamento familiare o per autoconsumo da parte dell’apicoltore vengono
quantificati in 10 il numero massimo di alveari che si possono possedere.

SCIAMATURA NATURALE E ARTIFICIALE

di Mauro Puppo

La sciamatura è uno dei fenomeni più appariscenti e tipici del mondo dell’ape e rappresenta l’unico mezzo naturale di diffusione della specie. Con la divisione della colonia, provocata dalla partenza della regina, di numerose api operaie e fuchi, si ha la riproduzione del cosiddetto superorganismo alveare.
E’ il momento che maggiormente affascina l’apicoltore. Poter osservare e rincorrere una nuvola d’api che esce dall’alveare non ha eguali.
Nell’apicoltura razionale la sciamatura viene considerate negativamente in quanto incide sulla produzione del miele, necessita di manodopera e potrebbe essere anche una perdita nel caso non si riesca a recuperare lo sciame.
Nell’alveare la preparazione alla sciamatura avviene con la costruzione da parte delle api di numerose celle reali dove la regina deporrà uova fecondate. Pochi giorni prima della sciamatura si verifica la cosiddetta “febbre sciamatoria” cioè ad un cambiamento dell’attività della famiglia: la regina cessa l’ovodeposizione e dimunuisce di peso (per volare meglio), le bottintrici cessano la raccolta di nutrimento, si raggruppano (barba) all’esterno dell’alveare pronte per la partenza dello sciame.
Il periodo principale della sciamatura va da aprile a tutto giugno, di norma lo sciame esce nelle ore più calde di una bella giornata di sole, alla partenza le operaie sciamanti si riempiono la borsa malaria di miele che dovrà servire per alimento della nuova colonia. Generalmente il primo sciame che esce dall’alveare (primario) è costituito da un elevato numero di api e dalla regina vecchia che abbandona l’alveare presumibilmente all’opercolatura delle prime celle reali
allevate che avviene 8/9 giorni dalla deposizione dell’uovo. Possono seguire altre sciamature, questa volta con un minore numero di api e regine vergini ( sciami secondari, terziari).
Lo sciame primario, normalmente, si posa a poca distanza dall’alveare ( 20/30m) l’appiglio può essere un ramo, un cespuglio un troco d’albero alcune volte anche a terra dove si tratterrà alcune ore o persino qualche giorno fino a che le api esploratrici non avranno trovato un sito idoneo a costruire il nuovo nido, a questo punto può intervenire l’apicoltore per il recupero.
Gli sciami secondari, invece, si possono posare a più distanza e può essere difficoltoso il loro recupero anche perché le regine vergini occupano malvolentieri un’arnia.
La sciamatura è influenzata da numerosi fattori, che possiamo riassumerli in:
Sovrappopolamento, carenza di spazio, scarsa aereazione, dimensione insufficiente della camera di covata, elevata presenza di covata pronta a sfarfallare, forte importazione di nettare, mancanza di sfogo per le ceraiole, età avanzata della regina ( quindi minore produzione di feromone reale), predisposizione ereditaria della regina a sciamare.
Conoscendo le cause bisogna agire di conseguenza per prevenire il fenomeno, purtroppo però non sempre tutti gli accorgimenti che mettiamo in atto sono sufficienti e tempestivi e qualche sciame si invola lo stesso a conferma che l’istinto naturale prevale su qualsiasi tecnica da noi
adottata.
Per accertarsi che le famiglie non sciamino, le medie/grandi aziende ricorrono a diverse tecniche, tra cui la sciamatura artificiale e la selezione genetica di regine poco propense alla sciamatura.
La sciamatura artificiale consiste nel simulare una sciamatura naturale però indotta dall’apicoltore.
Si riducono di conseguenza le famiglie più grandi, che, con l’avanzare della stagione calda avrebbero l’impulso naturale a sciamare prelevando telaini di covata, di miele ed api. Con
questi telaini si creano nuove famiglie.
Stabilire quanto lasciare grande la famiglia originaria in modo che arrivi al massimo sviluppo sul primo raccolto senza che vada in febbre sciamatoria, non è cosa facile. I fattori determinanti per lo sviluppo delle colonie sono l’ambiente e l’andamento stagionale; solo una profonda conoscenza degli apiari ed una buona osservazione possono aiutarci a fare la scelta giusta senza dover ricorrere ad ulteriori interventi di contenimento. Innanzitutto per produrre sciami è necessario che sia cominciata la stagione riproduttiva delle api.
Deve essere l’apicoltore a decidere, per ogni apiario, quanti telaini di covata e di scorte lasciare alle famiglie a seconda di quanto tempo manca al primo raccolto.
Tutti gli alveari devono essere controllati e pareggiati asportando o aggiungendo api e/o covata.
Una volta che tutte le famiglie sono sistemate, cioè hanno tutte la stessa forza, con la covata rimasta in più si producono i nuovi sciami, fornendogli telaini di scorte o nutrimento.
A loro il compito di allevare da sole una cella reale e portare la vergine a fecondazione, oppure all’apicoltore di fornire una nuova regina feconda. Le finalità della produzione di sciami possono essere molteplici: quella della vendita, l’aumento del patrimonio apistico aziendale, la sostituzione di
famiglie perse durante l’inverno. Per chi decide di fare produzioni precoci come l’acacia, sarà poca la covata disponibile da asportare per fare gli sciami perché le famiglie dovranno essere mantenute forti per l’imminente fioritura. Potrà asportare di più chi punta a produrre il millefiori e i mieli di Giugno/Luglio quali tiglio e Castagno, così la famiglia avrà il tempo di riprendersi dall’asportazione.
Se la produzione di miele non ci interessa possiamo periodicamente asportare covata e miele, 3-4 telaini per famiglia forte, ogni mese fino a fine Giugno/luglio, poi fare i trattamenti contro la Varroa.
Produrre uno sciame se questo non ha una fioritura su cui svilupparsi, non è una scelta saggia.
Difatti gli sciami prodotti in Aprile/Maggio si sviluppano e si riescono ad invernare come famiglia su dieci telaini, mentre, quelli tardivi di fine Luglio, bisognerà nutrirli col rischio di trovarci in autunno con famiglie poco sviluppate .
Le regole per la produzione degli sciami sono poche e variabili in base alla zona e al periodo di produzione; si possono comporre con due telaini di covata due di scorta e un foglio cero, con l’avanzare della stagione i telaini di covata andranno ad aumentare, fino a quattro/cinque in Luglio.
Questo rapporto dovrà variare se si ha intenzione di mandare lo sciame in produzione sul millefiori, in questo caso sarà bene creare il nuovo sciame con almeno quattro telaini di covata sin da Aprile Maggio.
Un’altra piccola regola è quella di calibrare la quantità di covata a seconda se lo sciame venga prodotto con una regina o una cella reale, chiaramente dovrà essere maggiore nel secondo caso.
E’ bene inoltre ricordare che gli sciami vanno spostati almeno di tre km per evitare che le api bottinatrici facciano ritorno al proprio alveare lasciando lo sciame con scarsità di api. Se si adoperano celle reali dopo sei ,sette giorni si può controllare la nascita della vergine e dopo altri 10/15 giorni l’avvenuta fecondazione di questa.
Quando si utilizzano le regine feconde, per essere sicuri che queste siano accettate dalle nuove colonie, bisogna aspettare circa 10/12 giorni prima di controllarle. Spesso risulta utile nelle prime settimane di vita della nuova colonia somministrare della nutrizione liquida per stimolare la crescita in una fase delicata.

Scopri i Benefici dell’Apiterapia: Guarigione dalla Natura

di: Giorgio Pagnacco

L’apiterapia è una pratica antica che sfrutta in particolare i prodotti dell’alveare, per promuovere la salute e il benessere. Questa forma di terapia ha radici profonde nella storia umana, risalendo a migliaia di anni fa, quando le persone hanno cominciato a sfruttare i benefici del miele, del polline, della propoli, della cera, della pappa reale e del veleno d’ape per trattare una vasta gamma di disturbi e malattie. L’apiterapia negli ultimi anni viene utilizzata anche in campo medico veterinario per curare patologie di animali domestici e in allevamenti che seguono il protocollo biologico.

Prodotti dell’Alveare Utilizzati in Apiterapia:

  1. Miele: Forse il più noto tra i prodotti dell’alveare, il miele è ricco di antiossidanti, enzimi e sostanze nutritive. Viene utilizzato in apiterapia per le sue proprietà antibatteriche, antinfiammatorie e cicatrizzanti. Il miele è spesso impiegato per trattare ferite, ustioni, infezioni della pelle e problemi gastrointestinali.
  2. Propoli: la propoli è una sostanza resinosa raccolta dalle api dalle gemme e dalle cortecce di alcune piante come pioppi, betulle, pini, abeti, ippocastani, salici, querce ed olmi. È ricca di flavonoidi, acidi fenolici e altri composti bioattivi con potenti proprietà antimicrobiche, antinfiammatorie e antiossidanti. In apiterapia, la propoli viene utilizzata per rafforzare il sistema immunitario, trattare infezioni respiratorie, curare ferite e supportare la salute dentale e del cavo orofaringeo.
  3. Polline d’Api: Il polline raccolto dalle api è un concentrato di sostanze nutritive essenziali, tra cui proteine, vitamine, minerali e antiossidanti. In apiterapia, i pollini d’api vengono utilizzati per combattere le allergie stagionali, migliorare l’energia e la vitalità, e supportare la salute cardiovascolare e del sistema immunitario.
  4. Cera d’Api: La cera d’api è una sostanza prodotta dalle ghiandole ceripare delle api operaie. È comunemente conosciuta per le sue proprietà idratanti, emollienti e protettive per la pelle. In apiterapia, la cera d’api viene utilizzata principalmente per la produzione di unguenti, creme e balsami per la cura della pelle. Grazie alle sue proprietà emollienti, la cera d’api aiuta a proteggere la pelle dalle aggressioni esterne, come il vento e il freddo, e a mantenere l’idratazione naturale della pelle. Inoltre, la cera d’api può essere impiegata per la produzione di candele utilizzate in aromaterapia, diffondendo un piacevole profumo nell’ambiente.
  5. Pappa Reale: La pappa reale è una sostanza secreta dalle ghiandole delle api operaie giovani ed è l’alimento principalmente esclusivo di tutte le larve fino al terzo giorno dalla schiusa dell’uovo e della regina dal primo giorno come larva al suo ultimo giorno di vita. È una ricca fonte di proteine, vitamine del gruppo B, aminoacidi e altri nutrienti essenziali. In apiterapia, la pappa reale è considerata un “superfood” per le sue potenziali proprietà benefiche per la salute umana. Viene utilizzata principalmente come integratore alimentare per migliorare l’energia, la vitalità e le funzioni cognitive. La pappa reale è stata associata anche a potenziali benefici per la salute della pelle, del sistema immunitario e della fertilità. Tuttavia, è importante consultare un professionista sanitario prima di utilizzare la pappa reale, specialmente per persone con allergie o condizioni mediche preesistenti.
  6. Veleno d’Ape: Sebbene possa sembrare impensabile, il veleno delle api, quando somministrato in piccole dosi controllate, può avere effetti benefici sulla salute. Il veleno d’ape contiene peptide, enzimi e altri composti bioattivi che hanno dimostrato proprietà antinfiammatorie, analgesiche e immunomodulanti. In apiterapia, il veleno d’ape viene utilizzato per trattare una varietà di condizioni, tra cui artrite, dolore cronico, disturbi autoimmuni e infiammazioni.

Conclusioni:

L’apiterapia offre un approccio naturale e olistico alla salute, sfruttando i potenti benefici dei prodotti dell’alveare. Tuttavia, è importante sottolineare che questa forma di terapia dovrebbe essere praticata da professionisti esperti e qualificati per garantire la sicurezza e l’efficacia del trattamento e non incorrere in effetti indesiderati dovuti ad intolleranze o allergie ai principi attivi contenuti nei vari prodotti usati. Con una comprensione adeguata dei prodotti dell’alveare e dei loro usi terapeutici, l’apiterapia può essere un prezioso aiuto e complemento alla salute e al benessere generale.