LA SMIELATURA (parte 3)
di Mauro Puppo
“Filtraggio del miele destinato al maturatore”
Video del filtraggio del miele che dopo essere estratto per centrifugazione viene raccolto nel maturatore.
LA SMIELATURA (parte 3)
di Mauro Puppo
“Filtraggio del miele destinato al maturatore”
Video del filtraggio del miele che dopo essere estratto per centrifugazione viene raccolto nel maturatore.
LA SMIELATURA (parte 2)
di Mauro Puppo
“Centrifughiamo i telai del melario”
Video della centrifugazione dei telai del melario per l’estrazione del miele contenuto negli opercoli tramite centrifugatore radiale.
di Mauro Puppo
“Disopercoliamo i telai del melario”
Video della procedura di disopercolatura dei telaini del melario tramite forchetta.
di Mauro Puppo
Il mese di gennaio è il pieno dell’inverno, con temperature rigide ( o perlomeno così dovrebbe) e giornate brevi . Anche se, in questo periodo, l’attività dell’apicoltore è notevolmente ridotta, ci sono alcuni lavori di manutenzione e controllo che possono garantire la salute della colonia per la primavera successiva. In questo mese le api riducono al minimo la loro attività, rimanendo all’interno dell’alveare per mantenere il calore, ma il loro benessere e la loro sopravvivenza dipendono in gran parte dalla preparazione effettuata dall’apicoltore nei mesi precedenti.
1. Controllare le riserve di cibo
Le api, durante l’inverno, si nutrono delle riserve di miele e polline accumulate nei mesi precedenti, perciò bisogna verificare che abbiano ancora sufficienti scorte di cibo. Il gruppo compatto che formano le api in inverno “glomere” si sposta lentamente all’interno dell’alveare per trovare il miele. È di fondamentale importanza che queste scorte non si esauriscano prima della primavera.
Basta sollevare leggermente l’alveare dalla parte posteriore per verificare se il peso è ancora sufficiente o se sta diminuendo pericolosamente segno che le riserve di cibo si stanno riducendo velocemente.
In questo caso è necessario intervenire fornendo loro del candito.
2. Controllare gli alveari dall’esterno
Con le temperature rigide è sconsigliato aprire l’alveare troppo spesso o per periodi prolungati, poiché il freddo, penetrando nell’alveare, obbliga le api ad un lavoro supplementare per mantenere il calore, quindi è essenziale fare controlli periodici dall’esterno per verificare che le coperture siano al loro posto e non ci siano fessure o spifferi che possano far entrare freddo o umidità, che gli alveari siano ben riparati dal vento e dall’acqua, che i pesi sui coperchi risultino al loro posto.
3. Ridurre l’umidità all’interno dell’alveare
L’eventuale neve ed il freddo sono ben tollerati dalle api, ma l’umidità è uno dei nemici principali. L’eccessiva condensa e umidità all’interno dell’alveare possono provocare malattie ed indebolire la colonia.
Verificare che l’aria possa circolare correttamente nell’alveare senza creare correnti fredde, i fondi a rete sono un ottimo supporto.
4. Controllare eventuali intrusioni di parassiti o predatori
Nei mesi invernali, topolini ed altri piccoli animali possono cercare rifugio e cibo negli alveari, è essenziale verificare che non ci siano segni di intrusioni. Se non già fatto precedentemente posizioniamo le porticine metalliche (dalla parte con meno buchi) all’ingresso dell’alveare. Questi dispositivi impediscono agli intrusi di entrare nell’alveare ma lasciano passare facilmente le api.
5. Preparazione per la primavera
Se gennaio è un mese tranquillo per le api, per l’apicoltore è fondamentale approfittare di questo periodo di relativa calma per pianificare la prossima stagione produttiva per ottenere una produzione ottimale di miele e garantire la salute delle colonie.
Valutare quali colonie potrebbero aver bisogno di nuove regine, riparare o sostituire eventuali parti danneggiate delle arnie, pulire gli strumenti utilizzati, riordinare il laboratorio, fondere la cera degli opercoli e preparare i fogli cerei, procurarsi nuovo materiale, come favi, melari o attrezzature, se necessari.
6. Osservare l’attività di volo nei giorni miti
Durante le giornate più miti di gennaio, quando la temperatura supera i 10-12°C, è possibile che le api effettuino dei voli di purificazione. In questi momenti, possiamo fare alcune osservazioni sull’attività della colonia.
Se notiamo una discreta attività di volo, è segno che la colonia è attiva e sana. Se invece non vediamo movimento durante le giornate più calde, potrebbe essere il segnale di qualche problema, in questo caso è necessario controllare più approfonditamente l’alveare.
Conclusioni
Le attività svolte dal’apicoltore in questo periodo sono fondamentali per la sopravvivenza e il benessere delle colonie. Tutti i controlli menzionati precedentemente possono fare la differenza tra un alveare forte in primavera e una colonia debole o addirittura morta. Prendersi cura degli alveari è la chiave per garantire, con l’arrivo della bella stagione, una ripresa vigorosa delle nostre amate api .
di: Giuseppe Bianco
Anagrafe apistica – Denuncia degli apiari
La giunta regionale della Liguria, con delibera n. 265 del 1 aprile 2016, ha stabilito che per quanto riguarda la denuncia obbligatoria di detenzione degli alveari, in capo ai proprietari o detentori di apiari di qualsiasi tipo, stanziali o nomadi, prevista dall’art. 10 della L.R. n.36/1984, la stessa è assolta con l’adempimento degli obblighi previsti per la registrazione/aggiornamento della Banca Dati Apistica Nazionale istituita con il decreto del Ministero della Salute dell’11 agosto 2014.
Dal 2014, l’apicoltore effettua quindi l’iscrizione al solo registro nazionale, non è pertanto più necessaria la denuncia alla Regione Liguria.
L’Anagrafe apistica nazionale è una banca dati dove sono registrati tutti gli apicoltori, amatoriali o professionali, e tutti gli alveari allevati, come già avviene in molti altri comparti della zootecnia. Ad ogni apicoltore viene assegnato un codice identificativo che è univoco, ovvero indipendente dalla collocazione dei diversi apiari.
Secondo quanto previsto dal manuale operativo della Banca Dati Apistica BDA, gli apicoltori interessati possono registrarsi autonomamente e fare tutte le operazioni previste, di seguito descritte, direttamente, o con l’aiuto di alcuni soggetti da loro delegati per iscritto, ad esempio le associazioni degli apicoltori.
Per accedere al portale telematico della BDA sono necessarie credenziali digitali certificate quali: lo SPID, la Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o la Carta d’Identità Elettronica.
Con l’approvazione del Manuale operativo per la gestione dell’anagrafe apistica nazionale, è stata uniformata la caratteristica del cartello identificativo che, quindi, diventa obbligatorio in ogni apiario.
Il cartello che riporta il codice identificativo univoco dell’apicoltore deve essere di materiale resistente agli agenti atmosferici e non deteriorabile nel tempo, deve avere dimensioni minime equivalenti al formato A4 e con il colore del fondo bianco; i caratteri della scritta devono essere di colore nero e di altezza minima di 4 centimetri, stampati o scritti con inchiostro o vernice indelebile.
Secondo le previsioni dell’attuale normativa, gli adempimenti di un apicoltore sono:
Il censimento annuale è elemento essenziale per poter accedere alle sovvenzioni regionali.
La legge n.154 del 28 luglio 2016, all’art. 34 prevede le sanzioni per chi contravviene all’obbligo di denunzia della detenzione di alveari presso le ASL competenti e di conseguenza determina il mancato aggiornamento della Banca Dati dell’anagrafe apistica nazionale; la sanzione amministrativa pecuniaria va da 1.000 a 4.000 euro.
Ulteriori informazioni sulle modalità di denuncia possono essere richieste all’indirizzo mail: anagrafeapistica@apilandia.it o rivolgendosi ai tecnici Apilandia.
NOTE: Manuale operativo scaricabile direttamente qui sotto:
di Giorgio Pagnacco
La tarma della cera, nota scientificamente come Galleria mellonella, è un insetto le cui larve possono causare gravi danni agli alveari. Questo articolo esplorerà in dettaglio cos’è la tarma della cera, i danni che può arrecare e come gli apicoltori possono affrontare questa minaccia con rimedi naturali e farmacologici.
Cos’è la Tarma della Cera?
La tarma della cera è un lepidottero appartenente alla famiglia dei Pyralidae. Le larve, che sono la forma dannosa dell’insetto, si nutrono della cera delle celle e delle riserve di miele, danneggiando la struttura degli alveari. Gli adulti, invece, sono farfalle di piccole dimensioni che non arrecano danno diretto; è la fase larvale che rappresenta la vera minaccia per le colonie di api.
Danni della Tarma della Cera agli Alveari
1. Degrado della Cera
Le larve della tarma si nutrono voracemente della cera che compone i favi, creando tunnel e gallerie. Questo degrado compromette la struttura stessa dell’alveare, rendendo i favi fragili e meno funzionali. Un favo danneggiato non è in grado di sostenere adeguatamente le uova, il miele e il polline, influenzando la capacità di riproduzione delle api.
2. Perdita di Miele e Polline
Oltre alla cera, le larve si nutrono anche del miele e del polline presenti nei favi. La loro presenza può ridurre drasticamente le riserve alimentari, lasciando le api senza cibo durante periodi critici, come l’inverno o in caso di fioriture scarse.
3. Compromissione della Salute delle Api
Le larve della tarma possono danneggiare le larve di api in crescita, riducendo la popolazione della colonia. Inoltre, le aree infestati possono diventare terreno fertile per patogeni e malattie, aggravando ulteriormente la salute delle api.
4. Comportamento Stressato delle Api
La presenza di tarme può generare stress tra le api, che si comportano in modo più irrequieto e meno produttivo. Un’alveare stressato è meno efficiente nella raccolta di nettare e polline, influenzando la produzione di miele.
5. Diminuzione della Produttività
Un alveare infestato dalla tarma avrà una ridotta capacità di produzione di miele, con conseguente diminuzione del rendimento per l’apicoltore. Questo può portare a perdite economiche significative.
Quando Attacca la Tarma della Cera?
La tarma della cera è particolarmente attiva in estate e all’inizio dell’autunno, quando le colonie sono più numerose e c’è abbondanza di cibo. Durante questi periodi, le condizioni ambientali favoriscono la riproduzione e la proliferazione delle larve.
Perché Alcuni Alveari Sono Attaccati e Altri No?
1. Condizioni Ambientali
Alcuni alveari sono più esposti a condizioni favorevoli per la riproduzione della tarma. Un ambiente umido e caldo può favorire la proliferazione delle larve, mentre un alveare ben ventilato e asciutto può dissuaderle. I favi più colpiti sono quelli in cui vi è stata covata e polline.
2. Igiene dell’Alveare
Alveari poco curati, con favi vecchi e residui di cibo, sono più suscettibili all’infestazione. La pulizia regolare e la sostituzione dei favi deteriorati possono ridurre significativamente il rischio di attacchi.
3. Forza della Colonia
Colonie forti e ben sviluppate sono in grado di difendersi meglio dalle infestazioni. Al contrario, alveari deboli, a causa di malattie o scarsa nutrizione, possono essere più vulnerabili.
Come Contrastare la Tarma della Cera
Rimedi Naturali
Rimedi Farmacologici
Se i rimedi naturali non sono sufficienti, esistono diverse opzioni farmacologiche:
Tecnica di Bruciatura dello Zolfo
1. Preparazione della Camera Stagna
La prima fase consiste nella preparazione di un ambiente chiuso e sigillato in cui si può controllare la diffusione dei fumi di zolfo. Ecco i passaggi chiave:
2. Bruciatura dello Zolfo
Una volta che la camera è pronta, si procede con la bruciatura dello zolfo:
3. Ventilazione
Dopo il periodo di esposizione, aprire la camera in un ambiente ben ventilato per disperdere i fumi residui. È importante lasciare i melari all’aria aperta per un po’ di tempo prima di riporli nuovamente nell’alveare.
Efficacia della Tecnica
La bruciatura dello zolfo è efficace perché i fumi di zolfo hanno proprietà insetticide e fungicide. Questi fumi penetrano nei telaini e uccidono le larve e le uova della tarma della cera, riducendo significativamente la popolazione di questi parassiti.
Vantaggi e Considerazioni
Vantaggi
Considerazioni
Come Funziona il Bacillus thuringiensis
1. Meccanismo d’Azione
Il Bacillus thuringiensis produce delle tossine proteiche (endotossine) che sono innocue per gli organismi adulti ma letali per le larve di molti insetti. Quando le larve della tarma della cera ingeriscono queste tossine, queste si attaccano alle pareti intestinali degli insetti, provocando danni cellulari e, infine, la morte dell’insetto.
2. Selettività
Una delle caratteristiche principali del Bt è la sua selettività. Le tossine agiscono specificamente su certe specie di insetti e non danneggiano le api o altri organismi utili, il che lo rende un’opzione preferibile per gli apicoltori.
Come Utilizzare il Bacillus thuringiensis
1. Scelta del Prodotto
Esistono diverse formulazioni di Bt, alcune delle quali sono specificamente formulate per il controllo della tarma della cera (B403). Assicurati di scegliere un prodotto etichettato per questo uso.
2. Applicazione
3. Condizioni Ambientali
Il Bt è più efficace in condizioni calde e umide, quindi cerca di applicarlo in giornate con queste caratteristiche. Evita di applicarlo in giornate molto ventose o sotto la pioggia, poiché questo può ridurre l’efficacia del trattamento. Generalmente si applica ai melari prima dell’immagazzinamento.
4. Monitoraggio
Dopo l’applicazione, è importante monitorare gli alveari per valutare l’efficacia del trattamento. Controlla se ci sono segni di larve morte e verifica la salute generale delle api.
Vantaggi dell’Uso del Bacillus thuringiensis
Conclusione
La lotta contro la tarma della cera richiede un approccio integrato che combina pratiche preventive e trattamenti mirati. L’uso del Bacillus thuringiensis rappresenta una soluzione biologica efficace, sicura per le api e selettiva nei confronti delle larve, mentre la tecnica di bruciatura dello zolfo offre un metodo tradizionale potente per eliminare infestazioni già presenti. È fondamentale mantenere un ambiente pulito e ben gestito all’interno degli alveari, monitorare costantemente la salute delle colonie e adottare misure di sicurezza durante i trattamenti. Con queste pratiche, gli apicoltori possono proteggere le loro colonie, garantire una produzione di miele sana e sostenibile, e affrontare con successo le sfide poste dalla tarma della cera.
di Mauro Puppo
La vespa velutina detta anche “calabrone asiatico” è una specie aliena invasiva di origine asiatica.
Giunta in Francia nel 2004 si è rapidamente diffusa fino a raggiungere Belgio, Spagna, Portogallo, Germania e nel 2012 l’Italia. Nel nostro paese è ormai diffusa in tutta la Liguria da ponente a levante, è stata individuata in Piemonte nella provincie di Cuneo, Torino e Alessandria, in Lombardia , Emilia Romagna ,Veneto e Toscana.
Considerata la pericolosità della specie è assolutamente necessario cercare di individuare e distruggere i nidi. Limitare la diffusione di questo insetto può voler significare la salvezza di molti apiari sul suolo nazionale.
Quali sono le differenze morfologiche fra Velutina e Vespa Crabro?
Vespa Crabro
TORACE: bruno rossiccio con parte inferiore più chiara.
ADDOME: con solo i primi due tergiti scuri, mentre i restanti sono di colore giallo con macchie scure
ZAMPE: interamente di colore scuro
PARTE FRONTALE DEL CAPO: colore giallo
ANTENNE: di colore bruno rossiccio.
Vespa velutina nigrithorax
TORACE: colore bruno molto scuro
ZAMPE: brune ma con parte terminale gialla
PARTE FRONTALE DEL CAPO: colore aranciato.
PRIMI TRE TERGITI ADDOMINALI: colore bruno molto scuro
QUARTO TERGITE: è quasi interamente di colore arancione
ANTENNE: di colore bruno scuro.
I Nidi, in cartapesta, vengono costruiti preferibilmente in zone umide con presenza di acqua (torrenti, laghi, cisterne) e di sostanze legnose in marcescenza.
Di solito si trovano tra le fronde degli alberi e a considerevoli altezze (10 metri) e ben nascosti dal fogliame, raramente tra le intercapedini, le cavità degli alberi o in terra.
Sono stati individuati anche a ridosso di abitazioni, sottotetti, fienili, stalle.
Le dimensioni del nido possono essere ragguardevoli, a seconda degli strati di covata sovrapposti; generalmente il nido è di forma sferica, piriforme quando diventa più grande.
In alcuni casi il diametro può superare il metro.
Può riuscire a contenere fino a 15000 – 20000 individui. Massima espansione in agosto -settembre-ottobre
inattivi d’inverno.
Come per la Vespa comune, la colonia non riesce a svernare, solo le regine feconde affrontano l’inverno (vengono fecondate fine estate ed inizio autunno). I maschi vengono allevati nel periodo precedente.
Le giovani regine fecondate superano l’inverno in tronchi, muri ,gallerie del terreno, per poi iniziare a febbraio la costruzione dei nidi. In primavera, la competizione delle regine per i siti di nidificazione ha come conseguenza una notevole mortalità di individui. Da ogni nido possono uscire fino a 200 regine.
La Vespa Velutina mostra aggressività vicino al suo nido, soprattutto in presenza di significativi movimenti umani o rumori forti. Il territorio di caccia si estende prevalentemente a circa 400/500 mt dal nido, non si esclude però che possa raggiungere anche 1km o più..
La dieta del Calabrone asiatico è costituita prevalentemente da api preferendo le bottinatrici di ritorno all’alveare. Nelle aree in cui la vespa è presente è facile vederla in volo statico, a zampe aperte, con le spalle rivolte all’arnia in attesa del ritorno della preda. Nelle zone infestate da più anni si contano oltre 10 individui ad alveare che, in presenza di famiglie deboli, non disdegnano di entrare nel nido per catturare le api.
Come le crabro catturano l’ape, la smembrano vicino all’alveare e portano al nido solo le parti più proteiche
(torace e addome).
Nelle zone più infestate le api cessano il volo e, di conseguenza, la mancanza di importazione di nettare e
polline porta ad un arresto della covata fino a causare la morte della famiglia o grosse difficoltà di svernamento.
In Liguria è stato osservato che 3/5 velutine davanti ad una famiglia in piena attività possono arrivare a catturare un’ape ogni 10 secondi (6 api al minuto).
L’ alimentazione è zuccherina in primavera { Il fabbisogno energetico è soddisfatto soprattutto dalla frutta } e proteica in estate – autunno (api e altri insetti).
Strategia di difesa da parte delle api:
Apis Cerana in Asia ha sviluppato una strategia di difesa molto efficace: forma una palla di api intorno all’aggressore. Muovendo le ali, tutte le api provocano l’aumento della temperatura a 45° provocando l’ipertermia del calabrone che così muore.
Apis Mellifera non riesce a sviluppare abbastanza calore per provocare la morte della vespa, nonostante ciò forma raggruppamenti di api {anche un centinaio} sul predellino che tentano l’avvolgimento del predatore ma, invece di sfruttare la soglia termica letale per la vespa ( in questo caso inefficace) le api impediscono il rilassamento dell’addome provocandone l’asfissia. Purtroppo però, quasi sempre, il
calabrone riesce a liberarsi.
Ciò costringe numerosi individui al ruolo di guardiani, distraendoli dalle altre attività, con mancato apporto
di polline e nettare per la sopravvivenza della colonia.
Come difendere l’apiario?
Con trappole selettive rivolte alle fondatrici da applicare nelle vicinanze dell’apiario e da tenere tutto l’anno. Distruzioni dei nidi prima del mese di agosto/settembre cioè prima che da questi possano partire nuove fondatrici. I calabroni attratti dall’odore del liquido attrattivo (birra da cambiare ogni 10/15 giorni e verificarne il contenuto) entreranno nella bottiglia passando per il collo (porzione più stretta) ma non riusciranno più ad uscirne.
In conclusione per salvare i nostri apiari dobbiamo imparare a convivere con questo predatore cercando di
limitarne i danni con azioni di monitoraggio, trappolaggio, eliminazione (quando possibile ) dei nidi,
solamente così l’apicoltura potrà avere un futuro.
di Mauro Puppo
Durante i controlli degli alveari possiamo notare sul predellino di volo alcune palline bianche, allungate che
assomigliano a chicchi di riso, non sono palline ma larve morte, siamo in presenza di covata calcificata o ascosphaeriosi dal nome del patogeno, ascosphaera apis, un fungo responsabile di questa micosi che colpisce la covata.
Le spore si insediano e si sviluppano nello stomaco della larva e da questo si diffondono in tutto il corpo.
La morte della larva avviene prima dell’opercolatura o subito dopo, in questo caso le api opercolano le cellette e solo dopo rimuovono la larva morta che inizialmente è di colore bianco e successivamente tende al verde-nero, dura come un gessetto.
Le spore riescono a sopravvivere per lungo tempo anche per diversi anni. Il patogeno si propaga nell’alveare principalmente tramite il lavoro di rimozione delle larve morte da parte delle api che così facendo trasportano involontariamente le spore. Altra fonte di contagio tra alveare e alveare è il saccheggio o l’alimentazione con miele o polline infetto, lo stesso apicoltore può essere fonte di contagio adoperando materiale contaminato ( favi, attrezzi, guanti).
La presenza della malattia è influenzata dalle tecniche apistiche adottate, per esempio l’ubicazione degli alveari in zone poco soleggiate ,umide e con ristagni d’acqua , sbalzi termici, squilibrio tra api nutrici e covata, alimentazioni non corrette, presenza di regine vecchie.
Lo squilibrio tra nutrici e covata, per esempio, lo possiamo constatare all’inizio della primavera dove a causa di abbondante alimentazione liquida si invoglia la regina ad una massiccia deposizione quando c’è il cambio generazionale, quindi un calo di api con conseguente scarsa copertura dei favi e raffreddamento della covata. Anche la scarsa abitudine di stringere le famiglie sui favi effettivamente occupati può portare
al raffreddamento della covata, ricordiamoci che le larve hanno uno sviluppo ottimale quando la temperatura interna dell’alveare si aggira sui 33/35 gradi. Altro stress che possono subire le larve è quando nell’alimentazione non c’è apporto proteico e vitaminico ad inizio stagione o nei mesi più caldi e siccitosi, l’apicoltore deve accertarsi della presenza di polline immagazzinato nei favi e la sua quantità e, se insufficiente, intervenire di conseguenza con alimenti proteici.
Nel caso di forte infestazione ( più del 10% delle celle infette) anche la sostituzione della regina può essere d’aiuto in quanto la sua discendenza potrebbe essere più suscettibile all’infezione.
Nella presenza di covata calcificata la famiglia non riesce a svilupparsi in modo ottimale con conseguente scarso raccolto, è suscettibile ad altre patologie e subisce uno spopolamento che la regina non riesce a rimpiazzare con la nuova covata, tutto questo ormai ci ha portato nei mesi estivi dove il picco di infestazione di varroa può dare il colpo di grazie alla famiglia.
Per combattere la covata calcificata non esiste un prodotto specifico, in commercio ci sono degli integratori alimentari che limitano il propagarsi delle malattie fungine, anche il timolo può essere interessante per migliorare le condizioni igieniche dell’alveare, tenendo anche presente che il principio attivo è usato nei prodotti contro la varroa.
E’ ovvio che tutto il materiale ,arnie comprese, che va a contatto con la covata calcifica va accuratamente disinfettato, in questo caso in commercio si possono trovare dei prodotti adatti allo scopo.
di Mauro Puppo
È entrato in vigore il Decreto Legislativo del 07 Marzo 2023 riguardante il sistema di
Identificazione e Registrazione degli animali allevati nel rispetto del Regolamento UE 2016/429.
La differenza con i cartelli precedenti consiste nell’aggiunta della numerazione progressiva degli
apiari aperti, anche per quelli censiti ma senza alveari. Per questo motivo la Normativa prevede che
i cartelli vadano apposti anche negli apiari momentaneamente vuoti, cioè senza alveari.
Altra modifica consiste nella diversa denominazione della BDA in “SISTEMA I&R Identificazione
e Registrazione degli operatori,degli stabilimenti e degli animali.
Il sito ufficiale dell’Anagrafe Apistica Nazionale ha iniziato a generare i nuovi cartelli.
C’e tempo fino alla fine dell’anno per completare gli adempimenti necessari alla messa a regime
del Sistema I&R. Il nuovo termine è stato introdotto dal decreto Milleproroghe, la cui conversione
in legge è pubblicata in Gazzetta Ufficiale.
Praticamente vengono prorogati i termini inizialmente fissati dal manuale operativo, adottato
con decreto del Ministro della salute 7 marzo 2023, in materia di gestione e funzionamento del
sistema di identificazione e registrazione degli operatori, degli stabilimenti e degli animali (sistema
I&R). La scadenza iniziale, per il completamento degli adempimenti, era stata fissata a 180 giorni
dall’entrata in vigore del Manuale operativo.
Il manuale stabilisce anche come devono essere i nuovi cartelli per l’identificazione degli apiari e
cioè:
di materiale resistente agli agenti atmosferici e non deteriorabile nel tempo;
di dimensioni minime equivalenti al formato A4;
di colore bianco riportante in caratteri di colore nero indelebile e di altezza di almeno quattro
centimetri “SISTEMA I&R NAZIONALE – DECRETO LEGISLATIVO 5 AGOSTO 2022, n.134”, oltre che il codice aziendale ed il numero progressivo dell’apiario.
Si ricorda che eventuali cartelli “fai da te”, anche se riportanti tutte le diciture, non sono ammessi e
si può incorrere in sanzioni.
Procedure Operative per la registrazione dei medicinali
veterinari somministrati alle api
Si ricorda a tutti gli apicoltori che con provvedimento del Direttore Generale DGSAF (Direzione
Generale Sanità Animale e del Farmaco Veterinario) del Ministero della Salute è stato predisposto il
Regolamento per la gestione delle registrazioni del medicinale veterinario in apicoltura in
applicazione del regolamento (UE) 2019/6. Nel regolamento si conferma l’esclusione dall’obbligo
di registrazione del farmaco veterinario in formato elettronico da parte degli apicoltori, che
dovranno continuare ad operare con registrazioni cartacee su modelli vidimati dai servizi
veterinari locali. L’obbligo si riferisce anche ai medicinali veterinari non soggetti a prescrizione
veterinaria. Gli apicoltori in autoconsumo, cioè amatoriali NON hanno l’obbligo di registrazione
su modelli vidimati dai servizi veterinari locali. Nel documento si precisa anche per la
dichiarazione di allevamento familiare o per autoconsumo da parte dell’apicoltore vengono
quantificati in 10 il numero massimo di alveari che si possono possedere.
di Mauro Puppo
La sciamatura è uno dei fenomeni più appariscenti e tipici del mondo dell’ape e rappresenta l’unico mezzo naturale di diffusione della specie. Con la divisione della colonia, provocata dalla partenza della regina, di numerose api operaie e fuchi, si ha la riproduzione del cosiddetto superorganismo alveare.
E’ il momento che maggiormente affascina l’apicoltore. Poter osservare e rincorrere una nuvola d’api che esce dall’alveare non ha eguali.
Nell’apicoltura razionale la sciamatura viene considerate negativamente in quanto incide sulla produzione del miele, necessita di manodopera e potrebbe essere anche una perdita nel caso non si riesca a recuperare lo sciame.
Nell’alveare la preparazione alla sciamatura avviene con la costruzione da parte delle api di numerose celle reali dove la regina deporrà uova fecondate. Pochi giorni prima della sciamatura si verifica la cosiddetta “febbre sciamatoria” cioè ad un cambiamento dell’attività della famiglia: la regina cessa l’ovodeposizione e dimunuisce di peso (per volare meglio), le bottintrici cessano la raccolta di nutrimento, si raggruppano (barba) all’esterno dell’alveare pronte per la partenza dello sciame.
Il periodo principale della sciamatura va da aprile a tutto giugno, di norma lo sciame esce nelle ore più calde di una bella giornata di sole, alla partenza le operaie sciamanti si riempiono la borsa malaria di miele che dovrà servire per alimento della nuova colonia. Generalmente il primo sciame che esce dall’alveare (primario) è costituito da un elevato numero di api e dalla regina vecchia che abbandona l’alveare presumibilmente all’opercolatura delle prime celle reali
allevate che avviene 8/9 giorni dalla deposizione dell’uovo. Possono seguire altre sciamature, questa volta con un minore numero di api e regine vergini ( sciami secondari, terziari).
Lo sciame primario, normalmente, si posa a poca distanza dall’alveare ( 20/30m) l’appiglio può essere un ramo, un cespuglio un troco d’albero alcune volte anche a terra dove si tratterrà alcune ore o persino qualche giorno fino a che le api esploratrici non avranno trovato un sito idoneo a costruire il nuovo nido, a questo punto può intervenire l’apicoltore per il recupero.
Gli sciami secondari, invece, si possono posare a più distanza e può essere difficoltoso il loro recupero anche perché le regine vergini occupano malvolentieri un’arnia.
La sciamatura è influenzata da numerosi fattori, che possiamo riassumerli in:
Sovrappopolamento, carenza di spazio, scarsa aereazione, dimensione insufficiente della camera di covata, elevata presenza di covata pronta a sfarfallare, forte importazione di nettare, mancanza di sfogo per le ceraiole, età avanzata della regina ( quindi minore produzione di feromone reale), predisposizione ereditaria della regina a sciamare.
Conoscendo le cause bisogna agire di conseguenza per prevenire il fenomeno, purtroppo però non sempre tutti gli accorgimenti che mettiamo in atto sono sufficienti e tempestivi e qualche sciame si invola lo stesso a conferma che l’istinto naturale prevale su qualsiasi tecnica da noi
adottata.
Per accertarsi che le famiglie non sciamino, le medie/grandi aziende ricorrono a diverse tecniche, tra cui la sciamatura artificiale e la selezione genetica di regine poco propense alla sciamatura.
La sciamatura artificiale consiste nel simulare una sciamatura naturale però indotta dall’apicoltore.
Si riducono di conseguenza le famiglie più grandi, che, con l’avanzare della stagione calda avrebbero l’impulso naturale a sciamare prelevando telaini di covata, di miele ed api. Con
questi telaini si creano nuove famiglie.
Stabilire quanto lasciare grande la famiglia originaria in modo che arrivi al massimo sviluppo sul primo raccolto senza che vada in febbre sciamatoria, non è cosa facile. I fattori determinanti per lo sviluppo delle colonie sono l’ambiente e l’andamento stagionale; solo una profonda conoscenza degli apiari ed una buona osservazione possono aiutarci a fare la scelta giusta senza dover ricorrere ad ulteriori interventi di contenimento. Innanzitutto per produrre sciami è necessario che sia cominciata la stagione riproduttiva delle api.
Deve essere l’apicoltore a decidere, per ogni apiario, quanti telaini di covata e di scorte lasciare alle famiglie a seconda di quanto tempo manca al primo raccolto.
Tutti gli alveari devono essere controllati e pareggiati asportando o aggiungendo api e/o covata.
Una volta che tutte le famiglie sono sistemate, cioè hanno tutte la stessa forza, con la covata rimasta in più si producono i nuovi sciami, fornendogli telaini di scorte o nutrimento.
A loro il compito di allevare da sole una cella reale e portare la vergine a fecondazione, oppure all’apicoltore di fornire una nuova regina feconda. Le finalità della produzione di sciami possono essere molteplici: quella della vendita, l’aumento del patrimonio apistico aziendale, la sostituzione di
famiglie perse durante l’inverno. Per chi decide di fare produzioni precoci come l’acacia, sarà poca la covata disponibile da asportare per fare gli sciami perché le famiglie dovranno essere mantenute forti per l’imminente fioritura. Potrà asportare di più chi punta a produrre il millefiori e i mieli di Giugno/Luglio quali tiglio e Castagno, così la famiglia avrà il tempo di riprendersi dall’asportazione.
Se la produzione di miele non ci interessa possiamo periodicamente asportare covata e miele, 3-4 telaini per famiglia forte, ogni mese fino a fine Giugno/luglio, poi fare i trattamenti contro la Varroa.
Produrre uno sciame se questo non ha una fioritura su cui svilupparsi, non è una scelta saggia.
Difatti gli sciami prodotti in Aprile/Maggio si sviluppano e si riescono ad invernare come famiglia su dieci telaini, mentre, quelli tardivi di fine Luglio, bisognerà nutrirli col rischio di trovarci in autunno con famiglie poco sviluppate .
Le regole per la produzione degli sciami sono poche e variabili in base alla zona e al periodo di produzione; si possono comporre con due telaini di covata due di scorta e un foglio cero, con l’avanzare della stagione i telaini di covata andranno ad aumentare, fino a quattro/cinque in Luglio.
Questo rapporto dovrà variare se si ha intenzione di mandare lo sciame in produzione sul millefiori, in questo caso sarà bene creare il nuovo sciame con almeno quattro telaini di covata sin da Aprile Maggio.
Un’altra piccola regola è quella di calibrare la quantità di covata a seconda se lo sciame venga prodotto con una regina o una cella reale, chiaramente dovrà essere maggiore nel secondo caso.
E’ bene inoltre ricordare che gli sciami vanno spostati almeno di tre km per evitare che le api bottinatrici facciano ritorno al proprio alveare lasciando lo sciame con scarsità di api. Se si adoperano celle reali dopo sei ,sette giorni si può controllare la nascita della vergine e dopo altri 10/15 giorni l’avvenuta fecondazione di questa.
Quando si utilizzano le regine feconde, per essere sicuri che queste siano accettate dalle nuove colonie, bisogna aspettare circa 10/12 giorni prima di controllarle. Spesso risulta utile nelle prime settimane di vita della nuova colonia somministrare della nutrizione liquida per stimolare la crescita in una fase delicata.